
La psicoterapia analitica junghiana rappresenta la seconda delle due principali correnti analitiche disponibili (insieme alla Freudiana, da cui trae origine per poi rendersene autonoma).
E’ un metodo psicoterapico che prevede un’analisi del profondo, valutando la psiche nella sua interezza, ovvero approcciandosi, oltre che alla coscienza, ad uno studio approfondito dell’inconscio
“La nostra psiche è costituita in armonia con la struttura dell’universo, e ciò che accade nel macrocosmo accade egualmente negli infinitesimi e più soggettivi recessi dell’anima.” C. G. Jung
Il fine ultimo della psicoterapia analitica junghiana è quello di favorire e attivare l’individuazione del soggetto, processo che conduce ad una progressiva integrazione di parti di sé fino ad allora “inconsce”, perché rimosse o perchè mai emerse alla coscienza.
Per fare ciò, l’analisi junghiana lavora a vari livelli, ciascuno non meno importante degli altri, al fine di consentire un armonico sviluppo e integrazione di tutte le “isole” che compongono l’arcipelago della personalità.
Il cardine dell’analisi è, naturalmente, la relazione analitica che, quanto più è salda e ben strutturata, tanto più favorisce il processo analitico.

L’analista svolgerà dunque da una parte un lavoro di tipo orizzontale, basato su un approccio più legato alla funzione “pensiero”, ad un approccio logico-razionale, più vicino a come molti di noi sono abituati a immaginare una classica psicoterapia, con il paziente che va dall’analista e inizia a raccontare la propria settimana o a esporre una serie di riflessioni e vissuti su temi inerenti la propria vita.
Accanto a questo, l’analista svolgerà anche un lavoro di tipo verticale, finalizzato all’esplorazione dell’inconscio, e caratterizzato da un’approccio basato non tanto sulla parola, quanto sull’immagine: in ciò rientrano metodi come l’analisi dei sogni, l’immaginazione guidata, l’immaginazione attiva, la sandplay therapy e molti altri.
L’analista guiderà il paziente in un lavoro finalizzato allo “stare nell’immagine“, al fornire associazioni, all’amplificare la loro portata e il loro significato, facendo emergere spesso elementi arcaici e molto profondi della psiche.

Nel lavoro analitico junghiano un ruolo fondamentale è quello attribuito ad archetipi e simboli: i primi, considerati immagini universali, presenti nelle diverse civiltà umane in maniera ripetuta, costituiscono quasi una “struttura” dell’inconscio, attraverso cui è possibile “leggerne” la direzione e l’intenzionalità; i secondi permeano e caratterizzano tutta l’attività psichica, e la loro comprensione aiuta a decodificare il linguaggio inconscio, a volte di non immediata comprensione.
La terapia analitica junghiana non lavora solo sul passato e sul presente, ma guarda all’individuo anche in un’ottica prospettica, orientata al futuro: ovvero, al lungo e non semplice processo dell’individuazione.

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